Eppure Amye Nefrasca era convinta di conoscerli tutti i suoi nei, invece, in alcune giornate, non riusciva proprio a metterli a fuoco. No, non riusciva a mettersi a fuoco, in generale, perché le cicatrici sulla pelle, i segni, tutto di sé, disegnavano, giorno dopo giorno, costellazioni precise di un’identità caotica, definita e cangiante, allo stesso tempo. Ed era un casino restare ancorati a sé stessi. Bisognerebbe uscir da sé di tanto in tanto, per guardarsi da fuori, sotto nuove prospettive, per capire come stanno le ferite, quali segni si sono spostati, dove sono andati a finire – pensava. Si, ci voleva una pausa da sé stessi ogni tanto, per levarsi tutto di dosso per guardarsi da fuori e continuare a costruirsi, giorno dopo giorno, pezzo dopo pezzo, con quella consapevolezza di chi non ha paura di guardarsi da fuori, per scavare più a fondo dentro. Ed è un casino si, ma a lungo andare chissà, si scopre che non è poi così male come casino.