Di Francesca Emilio, Bari – Siete sicuri di non essere intossicati da metalli pesanti? Esiste un sondaggio per capirlo e – stando a quanto emerso da una delle attiviste – molti sono i cittadini pugliesi, nello specifico baresi, che, compilandolo, hanno scoperto di esserne vittima. Alle domande del sondaggio si può rispondere in maniera anonima e, secondo quanto dichiarato da alcune delle persone che si occupano di portare avanti questa battaglia, molti, fino a quando non lo hanno compilato, non erano neanche consapevoli di poter essere state intossicate. E’ un dato di fatto: il nostro corpo non è esente alle radiazioni, così come assimila quello di cui si nutre e, dunque, di conseguenza, anche il solo contatto per tempi brevi o prolungati che siano, con qualsiasi tipo di materia o materiale, può provocare reazioni da parte dell’organismo. Immaginate se quel tipo di materiale si trova all’interno del vostro corpo, magari dopo un intervento o anche dopo l’inserimento di un dispositivo dentale. Una delle prime domande a cui viene chiesta risposta all’interno del sondaggio è: hai ricevuto informazioni degli eventuali effetti collaterali del tuo impianto? Bene, molte delle risposte, sempre stando a quanto emerso, sono state negative poiché molti non erano stati messi al corrente di eventuali effetti collaterali. Irritabilità, instabilità dell’umore, cefalea, depressione, perdita di memoria, dolore addominale, nausea, sintomi neurologici di intorpidimento, anemia, danni ai reni, al fegato o ai polmoni, mal di stomaco, mal di testa, perdita di capelli, mal di schiena, infiammazione cronica,

decadimento cognitivo o continua sensazione di sapore metallico in bocca ma anche tumori, sono solo alcuni dei possibili danni collaterali dovuti ai dispositivi medici. Parliamo ad esempio, nello specifico, della salute dentaria. I vecchi amalgami utilizzati per le otturazioni che si effettuano per curare le carie – oggi composti da composito o porcellana – possono trasformarsi in una seria minaccia per la salute dei pazienti a causa dei metalli pesanti di cui sono composti ( tra questi mercurio, argento e stagno). Il mercurio, presente per il 50% all’interno della vecchia miscelazione alchemica utilizzata, col passare del tempo, può migrare dalle otturazioni del cavo orale verso l’interno del corpo e, addirittura all’interno del sangue. Sappiamo bene che il mercurio è altamente cancerogeno, dunque, il suo vapore, rilasciato in una media di 30mg al giorno più i suoi depositi, causerebbe molti di quei disturbi sopra citati. Ed è per questo che ci poniamo un’altra domanda: quante persone vengono realmente informate su cosa contiene l’amalgama con la quale viene otturata una caria o, in maniera più specifica, di cosa è composto un dispositivo medico? E’ ormai risaputo che, i metalli pesanti (aggettivo che si riferisce alla loro densità maggiore rispetto agli altri metalli), sono elementi che introduciamo ogni giorno all’interno del nostro organismo poiché presenti nell’ambiente in cui viviamo – pensate alla stessa Taranto, circondata dai fumi dell’Ilva, o anche al semplice – per così dire – smog quotidiano delle città urbane. Mentre alcuni metalli sono altamente indispensabili per il nostro organismo, molti sono nocivi, tra questi il già citato mercurio, ma anche l’alluminio, il piombo e molti altri. Essi, se presenti in quantità elevate possono rivelarsi dannosi. Abbiamo fatto una chiacchierata con la dottoressa e biologa Claudia Bottino, la quale ci ha raccontato che nonostante l’esistenza di metalli più resistenti al tempo e all’usura, tutti i materiali che vengono a contatto con il corpo umano, essendo sottoposti ad ambienti quali per esempio il cavo orale – che è in continuo movimento elettronico perché, oltre ad essere un ambiente umido e ricco di sali, è anche un ambiente in cui il cibo stesso produce alterazioni – dopo molti anni possono causare il rilascio di cationi, ovvero di particelle positive che riguardano in particolar modo la disgregazione dei metalli e che possono provare tossicità nei pazienti.

<<I dispositivi metallici a livello dentale nello specifico sono spesso in titanio, ma in realtà sono in leghe di titanio – ha commentato la dottoressa che ha continuato – ce ne sono tantissime di leghe, per cui andare a dire che il titanio è biocompatibile non significa nulla perché un paziente può essere allergico o sensibile al nichel e se quella lega in titanio contiene nichel, il paziente ne risentirà. A questo purtroppo non si fa nessun riferimento! Nella lega di titanio la percentuale degli altri metalli presenti deve essere certificata e il medico deve farsela certificare dall’azienda che fornisce i materiali. Io mi occupo della parte scientifica, cercando di divulgare su più ambiti questa triste realtà che fino ad oggi è un po’ sottovalutata, per quanto se ne parli. Anche con l’ordine dei biologi, a cui io sono iscritta, abbiamo organizzato incontri in questo senso. Ne dobbiamo divulgare gli effetti perché se oggi parliamo di incremento della patologia tumorale, parliamo di incremento di tante situazioni attinenti anche ai disturbi a livello neurologico, essi hanno una fortissima attinenza con questa condizione che appunto, non è ancora riconosciuta. Purtroppo, parlare oggi di materiali biocompatibili è veramente un’utopia perché la biocompatibilità non tiene conto del soggetto in questione, tiene conto invece di una sperimentazione fatta sugli animali, sui topi o su altri test che riguardano più che altro i materiali. Noi dovremmo fare invece la richiesta di esami obbligatori per i pazienti, pretendendo una certificazione medica che ci dica con esattezza di cosa sono composti i dispositivi. Dal primo gennaio 2020 – ha raccontato ancora la dottoressa – esiste l’obbligo da parte del medico, nello specifico dell’odontoiatra, di avere un registro su cui trascrivere tutto, ed è nel diritto dei pazienti accedere a questo registro per essere consapevoli di cosa è stato inserito nel proprio corpo. Se un utente non è informato, se non fa una richiesta specifica nel momento in cui ci si ritrova ad avere un problema diventa difficile gestirlo e ancor di più a ricondurlo all’impianto di dispositivi. Non è un problema che si risolve con un’aspirina o con una pillolina, è un problema che resta per la vita perché tra l’altro non è diagnosticabile nell’immediato. Dal mio punto di vista la situazione è grave poiché sottovalutata per tantissimo tempo. Fattore altrettanto grave è che non sia preso in considerazione il paziente come soggetto unico e differente, quindi con sensibilità assolutamente diverse l’uno dall’altro. Non c’è prevenzione del problema! Il medico deve scegliere la qualità del dispositivo, questo è senza dubbio un aspetto fondamentale, non si possono utilizzare materiali che hanno un costo irrisorio promettendo al paziente un cospicuo risparmio a discapito della propria salute>>.

Sotto la lente di ingrandimento, negli ultimi anni, ci è finito anche il metodo anticoncezionale definitivo Essure, ora tolto dal commercio. L’Essure era, ma lo è ancora per molte persone che devono rimuoverlo, un dispositivo composto di acciaio inossidabile, lega di nichel e titanio, il quale, attraverso una procedura

mini-invasiva, permetteva alle donne di procedere con la sterilizzazione. Il dispositivo nello specifico, consisteva in due piccole spirali che venivano inserite attraverso l’utero nelle tube formando una cicatrice che bloccava il passaggio degli spermatozoi fino alle ovaie, impedendo così la fecondazione. All’inizio si pensava fosse una soluzione ottimale e rivoluzionaria per le donne, poi, a lungo andare, diverse pazienti, nello specifico l’80%, hanno dichiarato di essersi pentite di aver scelto questo metodo poiché non esenti da diversi effetti collaterali: dolore cronico, stanchezza, svenimenti, perdita di sangue, rapporti sessuali impraticabili. Sono nate subito diverse class-action, in America e in Francia soprattutto. In Italia – in cui esistono gruppi composti da donne vittime dell’uso di Essure che si informano e si fanno forza a vicenda – è stato richiesto più volte di avviare indagini in merito a questo metodo contraccettivo, soprattutto di trovare metodologie sicure di rimozione dello stesso, ma, ad oggi non esiste nessun registro ufficiale ne alcuna tutela nei confronti delle donne che, pur di non continuare a convivere con i dolori sono costrette a sottoporsi all’isterectomia, la quale oltre a rimuovere il dispositivo, rimuove anche l’utero.

Un rischio grandissimo per le donne – ha concluso la dottoressa Bottinoper questo cerchiamo di divulgare la possibilità di cure, che non sono in Italia perché

purtroppo nel nostro paese non ci sono interventi di rimozione diversi dall’isterectomia. L’intervento per la rimozione del dispositivo anticontraccettivo è particolare perché l’Essure, una volta che è stato inserito da un po’ di tempo crea un tessuto fibrotico attorno che permette la creazione di un tappo all’interno delle tube di falloppio, andarlo a rimuovere significa stare molto cauti. Per evitare ulteriori danni, in Italia, viene tolto tutto l’utero provocando così una grave menomazione nei confronti delle donne. Lo è anche se la donna in questione ha deciso di non avere figli, perché l’utero, così come tutti gli altri, a meno che non esista una grave condizione oncologica o patologica, è un organo che deve restare allocato. Esiste l’inquinamento da metalli, esiste chi se ne occupa, esistono le analisi – ambientali, sull’aria, sugli alimenti ecc – ma se parliamo di dispositivi, toccando dunque le multinazionali coinvolte, non ci sono informazioni. Noi continueremo a lottare per informare i cittadini perché vogliamo portare la classe medica a prestare più attenzione, ad essere più oculati nell’utilizzo di questi dispositivi e a pretendere già in prima persona la qualità del dispositivo stesso.

La differenza tra scegliere consapevolmente o non scegliere è sottile, ogni persona però dovrebbe avere il diritto di sapere a cosa va incontro, soprattutto quando si tratta di temi che riguardano la propria salute. Essere informati è il primo passo, fosse anche solo per avere sempre a disposizione più fonti da cui attingere e dunque maggiore consapevolezza nel momento in cui si deve affrontare qualcosa o prendere una decisione importante riguardante sé stessi. Ogni settimana la dottoressa Bottino partecipa ad una trasmissione radiofonica pugliese, il programma, che va in onda su Radiomia ogni martedì alle 20.10, vede alternarsi diversi professionisti che dibattono su questi temi, una buona occasione per farsi un’idea e decidere se approfondire o meno l’argomento.