Sono arrivata al sesto piano a piedi. Non ho voluto prendere l’ascensore perché mi dava un forte senso di oppressione: si entra uno alla volta, si tiene la mascherina. Non mi andava oh. Quelle erano le regole del palazzo in questione, ma la verità è che io preferisco prendere le scale sempre. Non soffro di nessuna claustrofobia, preferisco solo farmi da sola la mia strada. Ecco, anche quel giorno volevo farmi, come sempre, il mio viaggio scegliendo il percorso che sentivo più mio. Lo so, è il percorso più difficile: nessuna scorciatoia, nessuna via facile che ti porta dritto al punto in cui devi arrivare. Bene così, mi godo il percorso: sei piani di nulla cosmico a piedi con i gradini che più che gradini erano gradoni, senza mascherina (perché a un certo punto me la sono tolta – noi dobbiamo tornare a respirare perché sono due anni che respiriamo a metà). Sei piani di gradoni a leggere il numeretto che segnava il punto in cui ero arrivata, mentre tutto il resto era uguale al piano precedente. E poi alla fine, per fortuna con poco fiatone (allenarsi serve a qualcosa) anche se con le gambe che ormai salivano da sole  per inerzia, sono arrivata e toh: che panorama. Un bel cambio di prospettiva. Non sarebbe stato così bello se ci fossi arrivata in maniera facile, prendendo l’ascensore. Niente, tutto qua, volevo dirvelo.