Di Francesca Emilio, Bari – La Puglia è seconda in Italia per il numero di reati che riguardano l’abusivismo a ridosso del mare, ma non solo. Colate di cemento illegale, consumo di suolo costiero, depurazione delle acque molto spesso cattiva o addirittura assente, pesca di frodo incontrollata, chilometri di sabbia inghiottita dal cemento e molto altro ancora. 23mila e 623, è questo il numero dei reati contro l’ecosistema marino contestati in un solo anno, quello del 2019. L’incremento è stato del 15,6% rispetto al 2018, un dato allarmante che mostra una faccia della Puglia di cui si parla poco, per il quale i beni sequestrati ammontano a circa 250milioni di euro, anche questo un dato in crescita dell’11,2% in più rispetto al 2018. Il tutto è emerso in seguito ad un dossier redatto dall’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente. Mare Monstrum 2020, questo il nome del dossier, vede oltre la metà delle infrazioni contestate, nello specifico il 52,3%, da Capitaneria di Porto e forze dell’ordine concentrarsi nelle regioni tra Campania, Puglia, Sicilia e Calabria. Reati “ecocriminali” che, stando sempre a quanto dichiarato da Legambiente, pare che dopo il lockdown, abbiano ripreso in pieno il proprio ritmo senza avere alcun tipo di battuta d’arresto. In testa, subito prima della Puglia, vi è la Campania. Secondo i dati, i reati più diffusi, sarebbero quelli legati al ciclo del cemento, che occupa il 42,5% del totale. Le coste, passando da quella amalfitana, fino al Salento, per arrivare in Calabria e addirittura in Sicilia, ma non solo, sono costantemente vittime dell’abusivismo. A preoccupare, stando quanto emerso da Legambiente, sarebbero anche i dati riguardanti l’inquinamento del mare, dato strettamente correlato al malfunzionamento della depurazione. Nello specifico, l’inquinamento dovuto a cattiva depurazione, scarichi fognari e idrocarburi ha registrato 7.813 infrazioni nel 2019: il 33,1% delle illegalità accertate a danno del mare. Ad aggravare dati già allarmanti vi è anche la pesca illegale, la quale rappresenta ben il 22% delle infrazioni accertate. Sarebbero 555mila i chili di pescato, 69mila i metri di reti killer e oltre 7mila gli attrezzi sequestrati soprattutto in Sicilia, Campania, Puglia, Liguria e Sardegna. Il dossier arriva poche settimane dopo la sentenza emessa dal Tar di Lecce, la quale annulla, di fatto, il vincolo di inedificabilità entro 300 metri dal mare. “Una sentenza poco condivisibile quella emessa dal Tar di Lecce e ci chiediamo come si possa anche solo pensare di costruire case in prossimità del mare. Si è detto che le centinaia di progetti analoghi, oggi bloccati, potranno finalmente essere realizzati, ma che non c’è alcun assalto alla costa. Sono due aspetti agli antipodi e inconciliabili. Il rischio tangibile è che le coste pugliesi, beni di alto valore naturalistico, verranno invase dal cemento. Su questa scia presto vedremo materializzarsi uno stravolgimento del paesaggio, che a tutti i costi vogliamo evitare. Lo strumento per evitare un disastro esiste ed è la Legge sulla Bellezza. Chiediamo alla Regione Puglia di dare seguito quanto prima alla sua approvazione, quale via per una organicità di interventi di tutela” – ha commentato Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia.
Insomma, si parla spesso di quanto la nostra regione sia una delle mete turistiche più ambite. I titoli dei giornali non fanno altro che raccontare quella che è, di fatto, una faccia della regione piena di bellezze naturali, motivi per cui andare fieri, motivi per cui sceglierla come meta turistica marittima, ma non solo. La verità però è che ci si dimentica molto spesso di quanto scempio sia presente su molti litorali. A raccontarlo non sono solo i dati, ma anche i fatti e la tremenda, ma tangibile realtà di dover spesso passeggiare tra i rifiuti, i residui di cemento o strutture abbandonate, coste con mare sporco e inquinato, piuttosto che in luoghi che, se preservati e non deturpati dall’uomo e da gli ecoreati, potrebbero splendere della bellezza di cui sono naturalmente dotati.