Di bicchieri abbandonati sull’orlo di finestre chiuse, promesse della notte, svanite in fretta, dopo l’ultimo sorso, come grappoli di pensieri appesi a qualcosa che non si dovrà ricordare per forza, o qualcuno avrà voluto dimenticare e qualcun altro no, tipo Amye Nefrasca, che dopo gli alcolici ricordava sempre tutto più nitidamente, era una specie di dono, o forse, più che altro, una condanna. Ma andava bene così, perché in fondo a lei non piaceva dimenticare nulla. Aveva sempre avuto timore delle persone che, per esempio, non si ricordavano quanto zucchero gli altri mettessero nel caffè. Cavolate, uno potrebbe dire questo, che sono cavolate. Invece no, per Amye erano dettagli e i dettagli non erano mai trascurabili. Erano attenzioni, anche minime, nei confronti degli altri, ed Amye non riusciva ad essere indifferente agli altri, soprattutto a chi teneva. Lei si ricordava tutto, o almeno ci provava e la condanna era che dopo gli alcolici tutto si amplificava e aveva senso, oppure no. Ed era dove iniziavano le domande che i bordi delle finestre chiuse si riempivano di bicchieri abbandonati, bevuti per intero, o per metà. Bevuti così come si beve la vita quando stai vivendo e osi, consapevole del fatto che il giorno dopo ti basterà dire “ero ubriaco” per salvarti, in qualche modo, dalla paura di continuare a vivere.