Solitamente i viaggi iniziano con una partenza, quello per il quattordicesimo meeting sulle persone in povertà tenutosi a Bruxelles però, è iniziato con una presa di coscienza: nel nostro paese, spesso, per avere il diritto di essere trattato da essere umano, devi pagare.

Volo Alitalia, precedenza a donne e bambini, per fortuna, poi, a chi possiede la tessera. Vengono fatti imbarcare prima quelli che si son potuti permettere lo SkyPriority (percorso preferenziale dedicato ai soci), poi noi.

Non è una presa di posizione contro la compagnia di volo italiana, assolutamente. Il volo è stato gradevole e nessuno degli addetti ai lavori ha mai mancato di rispetto l’altro o trattato con riguardo qualcuno a discapito dell’altro, però, quel semplice avviso al microfono mi ha fatto pensare che certi diritti alcuni non possono permetterseli e dunque si arrendono, smettono di sognare, non immaginano più che una vita migliore sia possibile: fanno file lunghe, con attese estenuanti, a denti stretti e a pugni chiusi, vedendo sempre qualcuno passare avanti e intanto attendono, attendono che sia il loro momento, attendono che sia il loro turno.

Questo accade durante gli imbarchi, ma, accade anche in ospedale, al Comune, in sede di lavoro e in molti altri luoghi e non luoghi dei territori in cui viviamo: in tutte le città d’Europa, e non solo, gli esseri umani non vengono trattati con uguale rispetto, dignità e diritti.

L’aria che ho respirato al meeting è stata una prova tangibile dell’esistenza di questa ingiustizia. A molti viene negato il diritto di scegliere, di parlare, di avere un opinione, di essere parte del cambiamento, di essere informati su quello che accade dietro le quinte, in poche parole, a parecchi, viene negato il diritto di vivere e di esistere: uomini, donne e bambini, non sono più attori consapevoli delle proprie vite, sono comparse pagate a nero o, nel peggiore dei casi, non pagate affatto che se ne stanno li, sullo sfondo, come un fotogramma sfuocato in dissolvenza, messi in secondo piano rispetto al potere, rispetto alle politiche di austerity celate dietro una democrazia ostentata.

La povertà è un fatto reale e, secondo quanto emerso da questi giorni di meeting, il tipo di povertà con cui abbiamo a che fare in Europa, non è solo povertà di tipo economico, è anche una povertà che provoca carenza: carenza di cure, di adeguato accesso all’istruzione, di lavoro, di uguaglianza, legalità, democrazia, informazione, dignità, partecipazione, inclusione sociale. Carenze, queste, che ledono il nostro sistema e lo rendono povero di diritti fondamentali, quei diritti utili a contrastare tutti i fenomeni direttamente collegati alla povertà e all’esclusione sociale.

Trenta delegazioni, composte da persone che vivono in condizioni disagiate, ma anche da tecnici e persone dedite alla solidarietà, si sono riunite per confrontarsi e affrontare, al fianco di funzionari e politici della Commissione Europea, il tema della lotta alla povertà e delle politiche sociali, storie di illegalità, mafia, diritti negati, con l’obiettivo di portare all’attenzione dei politici soluzioni concrete mirate all’ottenimento di una maggiore convergenza sociale nell’Unione Europea.

Circa 150 persone unite in un’unica voce, una voce di lotta, di speranza, di sguardo rivolto al futuro e alla possibilità di poter essere parte di un’Europa giusta. Uomini, donne, ma anche adolescenti che, attraverso i workshop e il rapporto diretto con alcuni politici e funzionari, hanno avuto l’opportunità di partecipare e mettere a punto, nero su bianco, i pilastri necessari per poter permettere ad ogni essere umano di vivere, non di sopravvivere.

Questo è quello che è stato, in sintesi, il quattordicesimo meeting europeo “Persone in Povertà”, organizzato da European Anti Poverty Network.

Un’esperienza importante che, almeno per quanto riguarda il mio personale punto di vista, ha dato modo alla delegazione italiana, non solo di esprimersi, ma anche di apprendere in maniera più diretta, quello che accade negli altri paesi, consapevole del fatto che, nonostante la totale assenza di politici e vertici italiani – tasto dolente che, a mio parere, converrebbe approfondire –  non è totalmente sola in quest’ardua battaglia.

Oltre le armi, oltre i militari armati, oltre i governi che per ottenere la pace fanno la guerra, oltre la paura, oltre tutto questo marciume, oltre questo mondo sempre meno umano, oltre i confini e oltre una Bruxelles blindata, c’è poesia, giustizia e bellezza che dobbiamo preservare. Continuiamo a vivere di questo, non di guerra, razzismo e odio, continuiamo a difendere il giusto, ad essere umani, ad essere cittadini del mondo, di un unico mondo.  Avere l’opportunità di essere li, con corpo, anima e mente attivi è stato molto importante per me. Esserci, in qualità di cantante e inviata, oltre che persona impegnata nel sociale, ha dato un valore ancora più nitido a quelli che sono i principi fondamentali della mia vita: lottare e raccontare la verità, raccontare le mie e le altrui storie attraverso la musica, attraverso le parole.

Il viaggio si è concluso con un ulteriore consapevolezza: la strada da percorrere è ancora lunga. Quello di quest’anno è stato un punto di partenza, la costruzione di un’Europa più vicina ai cittadini, in cui il diritto di vivere, di lavorare, di avere accesso a tutti i servizi, alla cultura, non sia negato a nessuno e in cui inoltre, ci siano pari dignità, uguaglianza e democrazia per tutti, è un’idea che si è concretizzata nelle menti di alcuni, ma non nella realtà in cui viviamo. La realtà in cui viviamo è una realtà che si discosta da tutte le belle idee emerse durante le giornate di meeting, una realtà priva di ogni diritto fondamentale che, invece, dovrebbe essere alla base di ogni società, società che rischia invece, a lungo andare, di continuare a lasciare ai margini i più deboli, quelli che esclusi non sono, ma lo diventano essendo trattati da fantasmi, da non-persone a cui viene negato, come già detto più volte, il diritto di vivere e di esistere.

 

 

InShot_20151122_175425